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BENVENUTI!

Se volete aderire a questo appello scrivete a linceo@email.it


Questo blog sta spudoratamente con Israele e, riprendendo un post di Victor Davi Hanson, gentilmente già tradotto daCamillo non metterà in dubbio le sue idee, ma lo potrebbe fare se:
- Sharon sospenderà tutte le elezioni e pianificherà un decennio di governo che non potrà essere messo in discussione.
-Sharon sospenderà tutte le inchieste giudiziarie sulle sue attività fiscali e i membri della sua famiglia spenderanno a Parigi i milioni di dollari dati a Israele come aiuti umanitari.
-Tutte le le televisioni e i giornali israeliani saranno censurati dal partito Likud.
-Squadracce di assassini israeliani entreranno in Cisgiordania con la precisa intenzione di far saltare in aria donne e bambini arabi.
-I bambini e adolescenti israeliani saranno addobbati con esplosivi sotto le camicie per andare a uccidere famiglie palestinesi.
-Le folle israeliane si precipiteranno in strada per immergere le mani nel sangue dei loro morti e poi marceranno invocando omicidi di massa di palestinesi.
-I rabbini pronunceranno sermoni pubblici con cui ritraggono i palestinesi come figli delle scimmie e dei maiali.
-I testi scolastici israeliani diranno che gli arabi fanno sacrifici umani e riti omicidi.
-I principali politici israeliani, senza che nessuno li rimproveri, invocheranno la distruzione della Palestina e la fine della società araba in Cisgiordania.
-I membri del partito Likud linceranno e uccideranno, come se fosse normale, e senza processo, i propri oppositori.
-I fondamentalisti ebrei uccideranno le donne colpevoli di adulterio e resteranno impuniti perché sosterranno di aver salvaguardato l'onore della famiglia.
-La televisione israeliana trasmetterà - accompagnati da musica patriottica gli ultimi messaggi registrati di assassini suicidi che hanno massacrato dozzine di arabi.
-I manifestanti ebrei faranno una parata per strada e vestiranno i loro bambini da assassini suicidi.
-I newyorchesi pagheranno 25 mila dollari di taglia per ogni palestinese ucciso da un assassino israeliano.
-I militanti israeliani uccideranno un ebreo per sbaglio e poi si scuseranno dicendo che pensavano fosse un arabo, al fine di tacitare la società israeliana.
-Gli ebrei entreranno nei villaggi arabi di Israele per mitragliare donne e bambini.
-Le figure pubbliche israeliane, come se fosse una cosa normale, minacceranno di colpire gli Stati Uniti con attacchi terroristici.
-Bin Laden sarà un eroe popolare a Tel Aviv.
-Gli assassini ebrei uccideranno diplomatici americani e la società ebraica darà loro ospitalità.
-I cittadini israeliani celebreranno le notizie secondo cui tremila americani sono stati assassinati.
-I cittadini israeliani esprimeranno sostegno per i tentativi dei supporter di Saddam di uccidere gli americani in Iraq.
-Gli israeliani ameranno la morte e gli arabi vorranno bersi in pace un caffé da Starbucks.
Lo statuto di Fatah

"Israele è una delle rare cause che sostengo. Neri e ebrei sono legati da una storia comune di persecuzioni"
Ray Charles, "The Genius", cantante e pianista.




Carlo PanellaI piccoli martiri assassini di Allah
pp. 224 - Euro 12,90 - Edizione in brossura con sovraccoperta. Indottrinamento scolastico, religioso, mediatico; cortometraggi di propaganda appositamente studiati per annullare la naturale paura della morte; canzoncine e giochi che esaltano il suicidio e il martirio. Sono terribili ed eclatanti i documenti raccolti in questo saggio. Oggi un’intera generazione di ragazzini, vittime dell’indottrinamento e della propaganda crede che la morte per Allah in guerra sia la più elevata impresa conseguibile in vita. Questa educazione è un’onta indelebile, un abuso, un terribile pregiudizio per il futuro della regione e del pianeta.
Carlo Panella, autorevole osservatore dell’intricato scenario mediorientale, analizza la nuova, terribile arma del terrorismo islamico: il martirio degli shaid–killer, i suicidi-assassini, diventati ormai parte integrante nel progetto di una società islamica fondamentalista. "È questo, per chi ha occhi per vedere, il nuovo volto di un vecchio cancro che l’Europa ha tristemente conosciuto: il totalitarismo".


E’ ovvio che tutti i morti chiamano compassione, che le vittime non stanno da una parte sola, che in Medio Oriente non è quasi possibile distinguere il sangue dei vinti da quello dei vincitori, perché è in corso una lotta esistenziale la cui conclusione è tutt’altro che certa, e il cui unico sbocco umano possibile è la pace. Ma non è ovvio, anzi è uno scandalo, che il terrorismo sia rubricato sotto la voce “resistenza”, che non si capisca quanto sia di rigore il dovere di amare un paese così, affetto da questa piaga, lacerato e insanguinato nel modo che vedete, e non in metafora, ma alla lettera. E gli scandali devono venire alla luce.Il terrorismo è una paura dell’invisibile, e questa paura forgia le coscienze degli occidentali che cedono terreno alla sua logica nell’invisibilità. (...) - Da «Amiamo la vita più di quanto loro amano la morte» Il Foglio 3/2/2004.
Israele rappresenta un caso unico: quello di uno Stato al quale si contesta il diritto di esistere. La politica israeliana si può comprendere chiaramente solo alla luce di questa realtà. Tutti i timori, le preoccupazioni, le angosce dei miei amici israeliani, compresi quelli più impegnati per la pace, si riassumono nella paura di vedersi negare il diritto di esistere. Una paura che non cesserà finché questo diritto non sarà garantito. E finché durerà questa paura, l´unica reazione possibile sarà quella di dire: «Mai più ci lasceremo condurre docilmente al massacro come agnellini inermi». (...) Chi non lo comprende, e non tiene presente al tempo stesso il fatto che fin dal primo momento l´esistenza stessa del neonato Stato d´Israele veniva contestata da parte araba, con mezzi militari e sempre nuove minacce, non può comprendere qual è veramente la posta in gioco nel conflitto mediorientale. Se guardiamo alla situazione attuale, non possiamo ignorare le sofferenze dei palestinesi, i morti, le molte vittime innocenti, dall´una e dall´altra parte. Ma questo conflitto potrà arrivare a una soluzione soltanto quando il diritto alla esistenza dello Stato di Israele e dei suoi cittadini sarà garantito al di là di ogni possibile dubbio. (...) Da "Vedere l'Olocausto in atto" di Joschka Fischer su La Repubblica del 3/2/2004.
Che i profughi palestinesi siano delle povere vittime, non c'è dubbio. Ma lo sono degli Stati Arabi, non d'Israele. Quanto ai loro diritti sulla casa dei padri, non ne hanno nessuno perché i loro
padri erano dei senzatetto. Il tetto apparteneva solo a una piccola categoria di sceicchi, che se lo vendettero allegramente e di loro propria scelta. Oggi, ubriacato da una propaganda di stampo razzista e nazionalsocialista, lo sciagurato fedain scarica su Israele l'odio che dovrebbe rivolgere contro coloro che lo mandarono allo sbaraglio. E il suo pietoso caso, in un modo o nell'altro, bisognerà pure risolverlo. Ma non ci si venga a dire che i responsabili di questa sua miseranda condizione sono gli «usurpatori» ebrei. Questo è storicamente, politicamente e giuridicamente falso. Dal «Corriere della Sera», Indro Montanelli, 16 settembre 1972.
(...) l'11 marzo l'Europa ha pagato caro il suo pacifismo filoislamico: 200 morti innocenti, il più terribile attentato mai vissuto nel vecchio continente.
(...) Sarebbe giusto capire finalmente la tragedia che vive Israele da anni e sarebbe giusto pensare che noi abbiamo vissuto 130 volte l'11 marzo in tre anni e mezzo. 130 attentati suicidi in un Paese piccolo come una regione italiana. Dopo ogni attentato sentivamo i commenti più atroci: " lotta di liberazione, non hanno altra possibilita'che il terrorismo, militanti per la libertà, occupazione militare, peggio per loro (cioè noi)". Mai una normale parola di comprensione per i nostri bambini lacerati dai chiodi e dall'esplosivo. Una bambina di sette mesi è la più piccola vittima di Madrid. La sua morte dovrebbe pesare sulla coscienza di chi ha sempre tentato di giustificare il terrorismo islamico.
La sua morte, come quella delle altre vittime, dovrebbe togliere il sonno a chi esaltava Durban, a chi approvava i cortei pacifisti urlanti "Bush e Sharon Boia" e ai capetti europei sempre pronti a calare le braghe davanti alle dittature islamiche. Io li porterei tutti a Madrid e li farei stare sull'attenti davanti ai pezzi dei corpi delle vittime dei fratellini di Bin Laden, Arafat e Saddam Hussein. Deborah Fait su Informazione corretta 13/03/2004.

Quattro giorni più tardi, 16/10/2000 il quotidiano palestinese di Ramallah "Al Hayat Al Jadida" pubblicava il seguente appello:
Chiarimenti speciali dal rappresentante italiano della rete televisiva ufficiale italiana. Miei cari amici di Palestina, ci congratuliamo con voi e crediamo che sia nostro compito mettervi al corrente degli eventi che hanno avuto luogo a Ramallah il 12 ottobre. Una delle reti private italiane, nostra concorrente, e non la rete televisiva ufficiale italiana RAI, ha ripreso gli eventi; quella rete ha filmato gli eventi. In seguito la televisione israeliana ha mandato in onda le immagini così come erano state riprese dalla rete italiana e in questo modo l’impressione del pubblico è stata che noi, cioè la RAI, avessimo filmato quelle immagini. Desideriamo sottolineare che le cose non sono andate in questo modo perché noi rispettiamo sempre e continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità Palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina e siamo attendibili per il nostro lavoro accurato. Vi ringraziamo per la vostra fiducia e potete stare certi che questo non è il nostro modo d’agire (ossia nel senso che non lavoriamo come le altre reti televisive). Non facciamo e non faremo cose del genere. Vi preghiamo di accettare i nostri migliori auguri. Riccardo Cristiano,Rappresentante della rete ufficiale italiana in Palestina (grazie alla segnalazione di Barbara).
Esperimento consiglia:



Il sistema costituzionale dello Stato di Israele

*LISTJEWISH BLOGGERSJOIN*

(Grazie a Dandy che è l'autore del bellissimo manifesto e a Bautzetung promotore della lista il cui motto è "Né di qua né di là!!!")

Premessa. – Introduzione. – I. Profili storici (E. Ottolenghi). – II. Costituzione e Fonti del Diritto (A. Mordechai Rabello). – III. La Forma di Governo (E. Ottolenghi). – IV. I partiti politici (A. Mordechai Rabello e A. Yaakov Lattes). – V. Le libertà fondamentali (S. Navot). – VI. L’ordinamento giudiziario (S. Goldstein e A. Mordechai Rabello). – VII. La giustizia costituzionale (T. Groppi). – Orientamenti bibliografici (a cura di Francesca Rosa).

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A lie gets halfway around the world before the truth has a chance to get its pants on. Winston Churchill (grazie ad Old Toni)
Grazie a Watergate che ha migliorato notevolmente questa homepage
E voi cosa proponete? Andreacaro è convinto che una risata ci seppellirà.
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24 dicembre 2017
Il vero nemico dei palestinesi
Un giovane coraggioso riesce, con poche parole sincere, ad ammutolire tanti "diplomatici" e rappresentanti politici navigati e prezzolati
onu
hamas
fatah
bando all'ipocrisia
| inviato da esperimento il 24/12/2017 alle 10:30 | |
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7 novembre 2016
La progressiva cancellazione di Israele e dell'ebraismo da parte del mondo soggiogato al ricatto arabo
Dopo il recente braccio di
ferro per una controversa risoluzione su Gerusalemme, l'Unesco
torna ad essere terreno di scontro fra israeliani e palestinesi.
Secondo quanto riferito da radio Gerusalemme, la delegazione
palestinese all'Unesco esige che Israele restituisca i Rotoli
del Mar Morto scoperti nelle grotte di Qumran (deserto di
Giudea) negli anni 1947-56. Sono stati trovati, ha aggiunto la
delegazione, in terre palestinesi e rientrano nel retaggio
storico dei palestinesi. Dopo la loro scoperta i Rotoli furono
per lo più conservati nel Museo Rockefeller di Gerusalemme est,
allora parte della Giordania; passarono sotto controllo
israeliano in seguito alla Guerra dei sei giorni del 1967.
L'ambasciatore israeliano all'Unesco Carmel Shamma ha-Cohen -
che si trova a Gerusalemme per consultazioni dopo che Israele ha
sospeso i rapporti con l'agenzia dell'Onu - ha replicato alla
emittente che si tratta di una ''provocazione'' ed ha accusato i
palestinesi di voler ''riscrivere la Storia''.
(Dall'Ansa)
La "controversa risoluzione dell'Unesco" in realtà non è altro che un cedimento al ricatto arabo palestinese mirante alla cancellazione culturale, storica e religiosa non solo dell'Ebraismo, ma anche del Cristianesimo tutto. Le famose "radici giudaico-cristiane" si stanno lentamente sgretolando sotto simili colpi (compreso quello dell'Ansa di attribuire falsamente il Museo Rockefeller alla "Gerusalemme Est" e omettere che all'epoca alcuni quartieri di Gerusalemme non erano "parte della Giordania", ma erano da essi occupati illegalmente in seguito ad una guerra di aggressione contro il neonato Stato di Israele) e non ci sarà da meravigliarsi se un giorno non lontano gli arabi rivendicheranno anche il Colosseo e la Bastiglia.
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13 gennaio 2016
Mini-rassegna sui palestinesi che non interessano a nessuno
4 palestinesi vengono condannati a morte da Hamas con l'accusa di collaborare con Israele. La notizia data da Al Arabyia (giornale arabo):
A military court in the Hamas-run Gaza Strip on Wednesday sentenced
four Palestinians to death on charges of spying for Israel, a statement
and court sources said. The court said in a
brief statement that a 23-year-old man from the Zeitoun area south of
Gaza City had been sentenced to death on espionage charges. It did not
provide his name. Three other men who “fled from justice” were also found guilty in absentia, it said. A
court source told AFP the four were convicted on “charges of spying for
the occupation”, including “surveillance” and providing information
about cars and homes to help Israel plan alleged assassinations. Before
these sentences, 167 people had been sentenced to death by courts in
Gaza and the occupied West Bank, according to the Palestinian Centre for
Human Rights. Hamas took over the Gaza
Strip in 2007 after a battle with Fatah, which runs the Palestinian
Authority. Eighty of the death sentences have been given in Gaza since
that date. Islamists Hamas have previously
carried out executions against those accused of dealing with Israelis,
with the killings sometimes taking place in public squares. Under Palestinian law, collaborators, murderers and drug traffickers can face the death penalty.
La notizia data da Rai News 24:
Una corte marziale di Hamas ha condannato a
morte per impiccagione 4 palestinesi di Gaza per "collaborazionismo"
con Israele. Lo ha reso noto il ministero dell'Interno, secondo cui tre
di essi non sono però attualmente nella Striscia. Le identità dei
condannati non sono state divulgate né è stata anticipata la data
dell'esecuzione del quarto condannato.
Così si mette a tacere chi osa sollevare qualche rimostranza:
AP - Palestinian journalist Ayman al-Aloul frequently writes about the hardships of life in the Gaza Strip, and is one of the few voices willing to publicly criticize the rule of the Islamic Hamas movement.
But after nine days in jail, al-Aloul says he won't be writing about politics anymore. He said a painful experience that included beatings and being forced to sit uncomfortably in a tiny chair has made him a "new man" and that he will now focus on less controversial topics like sports, food, literature and fashion.
"I've decided not to talk about the general situation anymore," al-Aloul said in an interview at his home Tuesday, a day after he was released. "The experience I went through was very difficult." Al-Aloul's experience is part of a crackdown by Hamas at a time when the continuing miseries of life in Gaza appear to be driving its population toward more open dissent. Critics have grown bolder on social media sites, and attempts by Hamas to impose new taxes have triggered rare public protests.
Al-Aloul said his new reticence would not affect his work as a reporter for an Iraqi TV station, which he described as straight news reporting and not "opinion-making."
It was his personal social media activity that drew attention. In recent months, he wrote under a popular hashtag urging Hamas to withdraw from the Rafah crossing point between Gaza and Egypt. Like many Palestinians, he believes that Egypt has shuttered Rafah because it doesn't want to deal with Hamas, and proposes letting the Western-backed Palestinian Authority manage the crossing.
He also published pictures of people looking for leftover food in garbage containers, quoted business owners angry over increased taxes and blamed Gaza authorities for prolonged power blackouts.
On January 3, Hamas forces arrested him and another outspoken critic, Ramzi Herzallah, in their homes in Gaza City. During his detention, al-Aloul said he was repeatedly slapped on the face by his interrogators and twice sent to a room known euphemistically as "the bus." He described it as a room equipped with children's chairs, where detainees are blindfolded and forced to sit for an entire day.
"They think that my posts on Facebook harm the Gaza government," he said. "They considered criticizing the government to be criticism of 'the resistance' and they accused me of harming the revolutionary unity," al-Aloul said.
Herzallah, also released Monday, said he too experienced "the bus," but declined to comment further. Hamas' Interior Ministry declined comment.
Hamas, an Islamist movement pledged to Israel's destruction, seized Gaza from the Palestinian Authority in 2007. Despite being branded a terrorist group by Israel and the West, and enduring three wars with Israel and an Israeli-Egyptian blockade, it has clung to power.
The 2014 war, precipitated by a string of events that included heavy rocket fire into Israel, was especially devastating. More than 2,100 Gazans, including hundreds of civilians, were killed, and some 100,000 homes were damaged or destroyed. Seventy-two people, including six civilians, were killed on the Israeli side.
Only a tiny fraction of affected homes have been rebuilt. Electricity is available for as little as three hours a day, and gas for heating and cooking is rationed. The power shortage stems from infighting between Hamas and the Palestinian Authority, which coordinates fuel purchases from Israel.
The World Bank estimates Gaza's unemployment at 43 percent. Gaza's 1.8 million people have few options at home or abroad since few people can leave. Egypt opened the Rafah crossing, the main exit point for Gazans traveling abroad, for just 21 days in 2015.
Egypt's relationship with Hamas has worsened since the 2013 overthrow of then-Egyptian President Mohammed Morsi of the Muslim Brotherhood, Hamas' ideological counterpart. Israel allows humanitarian cases to cross through its border, but this is a small fraction of the people waiting to leave.
While Hamas seems still firmly in power, it has raised taxes recently to shore up shaky finances that have left it unable to pay its 40,000 employees. This has pushed up the price of cigarettes by about 10 percent, and brought a $1,000 annual licensing fee upon cafes, restaurants and hotels.
The taxes have triggered unusual public anger.
Last month, fruit and vegetable importers briefly suspended deliveries. Last week, dozens of residents of the Jabalya refugee camp took to the streets to protest a lengthy power cut. And on Tuesday, dozens of merchants closed their shops and held a rare public demonstration in the Nuseirat refugee camp to protest a new 16 percent sales tax.
"We tell the government and decision makers ... Feel the people who hardly live," said clothing store owner Mohammed Jahjouh, who predicts the protests will grow.
A poll published last month found that 41 percent of Gazans want to emigrate, compared to 24 percent of Palestinians in the West Bank. The survey, conducted by the Palestinian Center for Policy and Survey Research, questioned 1,270 people and had a margin of error of 3 percentage points.
Hamas officials brush off the criticism and accuse Israel, Egypt and the Palestinian Authority of conspiring to punish it.
Ziad al-Zaza, a senior Hamas leader, said the turmoil shaking the Middle East will help his movement in the long run.
"We are able to ... clear the way through our piercing vision and reading of the incidents," he said in a recent interview.
Human rights groups have accused Hamas of intimidating or torturing critics and opponents in the past, a charge it denies. Akram Sourani, a local satirist, said the latest arrests might succeed in dampening the criticism.
"Unfortunately, this right has become an issue of debate among the writers. 'Shall I write or not? Shall I express or not?'" said Sourani, who was himself summoned in December by Hamas police. "I think we must continue to speak out."
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13 novembre 2014
Hamas è la seconda organizzazione terroristica più ricca del mondo
Supera Hezbollah, Al Qaeda e i Talebani! Ed è seconda solo all'Isis
Hamas is one of the two richest terrorist organizations in the
world, second only to the Islamic State group, according to Forbes
Israel.
To finance their operations, terrorist groups sometime use methods
similar to those used by criminal organizations, such as drug
trafficking, robberies and extortion, but also raise money through
charities, donations and, in some cases, government agencies, according
to the report. A terrorist organization, like any other large
organization, has a business model to finance its activities: from
maintenance, salaries and trainings, to acquiring of weapons and
vehicles.
The richest terrorist organization today – and in history – is the
Islamic State. According to Forbes, the Islamist group, also known by
the acronyms ISIS or ISIL, has an annual turnover of $2 billion. Hamas
comes in second, with a yearly revenue of $1 billion.
As for the rest of the list: Colombia's FARC is ranked third with $600
million; Hezbollah is fourth with $500 million; fifth is the Taliban
with $400 million; Al-Qaida and its affiliates with $150 million;
Pakistani-based Lashkar e-Taiba with $100 million; Somalia's Al-Shabaab
with $100 million; Real IRA with $50 million; and, closing the top-ten
list is Boko Haram, with $25 million annual revenue.
The U.S. Treasury estimates
that ISIS earns $1 million a day from the sale of crude oil from fields
it captured in Syria and Iraq. According to Forbes Israel, however, the
figure is closer to $3 million a day. The money flow enables ISIS to
expand its operations in the Middle East, recruit foreign fighters and
train them, among other things.
The report describes Hamas' takeover of Gaza in 2007 as the point from
which it entered "the big league." Today, Hamas is now no longer only
dependent on donations, but is able to collect taxes from both civilians
and businesses. But that's not all. The report says Hamas also takes a
cut out of all international aid donated to Gaza by Arab and other
foreign countries.
Da Haaretz
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23 settembre 2013
Israele (e il mondo) sotto attacco islamista
Due ragazzi uccisi (di cui uno precedentemente rapito, approfittando della sua fiducia giovanile) in due giorni, la strage in Kenya (oltre alle varie guerre interne fratricide: dalla Libia alla Siria, passando per Egitto, Libano, ecc. ecc.), le minacce di Hamas e quelle iraniane. Un cocktail esplosivo in cui non manca proprio nulla:
Il movimento islamico palestinese di Hamas ha annunciato di essere sull'orlo di una nuova Intifada contro Israele, la terza. In un messaggio postato di Facebook, intatti, il numero due dell'ufficio politico di Hamas Moussa Abu Marzouk ha scritto che ''siamo di fronte al fallimento politico delll'Autorita' (nazionale, ndr) Palestinese (l'Anp, ndr) e all'inizio di una nuova Intifada popolare contro Israele''. In merito al piano di pace tra israeliani e palestinesi ripreso ad agosto dopo tre anni di stallo e con la mediazione degli Stati Uniti, il funzionario di Hamas afferma: ''il piano economico da 4 milioni di dollari di John Kerry non ci togliera' dai guai''. Marzouk ha quindi fatto riferimento alle recenti operazioni nei campi profughi di Qalandiya e Jenin costati la vita a cittadini palestinesi, alle manifestazioni contro le forze di sicurezza palestinesi e alla ripresa dei colloqui di pace con Israele.Vari gruppi palestinesi hanno inoltre convocato per venerdì una ''giornata della rabbia'' in occasione del 13esimo anniversario dell'Intifada di Al-Aqsa.
Da AdnKronos
L'Iran ha presentato 30 missili balistici di tipo Sejil e Ghadr con una gittata di 2.000 chilometri durante una parata militare annuale. Già in passato era stato segnalato che esperti occidentali ritengono che l'Iran disponesse di almeno diverse decine di missili balistici a medio raggio (1.000-3.000 chilometri) Shahab 3 et Sejil 2 capaci di colpire Israele od obiettivi americani in Medio Oriente. Intanto il presidente Hassan Rohani si rivolge a Stati Uniti ed Europa.
"L'Occidente - ha detto il presidente iraniano Hassan Rohani - deve riconoscere tutti i diritti della nazione iraniana, inclusi quelli al nucleare e all'arricchimento dell'uranio sul suo territorio nel quadro delle regole internazionali". Da Repubblica
E mentre succede tutto questo, tutti gli altri Stati, USA compresi, restano a guardare. Impotenti, quando non indifferenti o addirittura compiacenti. L'unica consolazione è che gli israeliani sanno difendersi da soli (più o meno) e che sanno fin troppo bene che sul resto del mondo, ahinoi, non ci si può affatto contare...
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20 giugno 2013
E come ogni anno a Gaza ricominciano gli ameni campi estivi per bambini
Migliaia di palestinesi tra 6 e 15 anni parteciperanno ad attività di stampo militare. Il premier Haniyeh: «Così insegniamo i valori del jihad»
inviata al confine di gaza
A Kerem Shalom, l’unico varco per le merci in entrata e in uscita
da Gaza, c’e’ il solito andirivieni di tir provenienti da Israele,
Cisgiordania e dai paesi donatori (compresi gli aiuti delle
organizzazioni internazionali): al mattino presto arrivano soprattutto
frutta e riso, nel primo pomeriggio i camion scaricano mobili, utensili
per la casa, anche vasche da bagno jacuzzi. Si stima che nel 2012 il
traffico di merci tra Gaza, Cisgiordania e Israele abbia raggiunto 4,5
miliardi di dollari (la maggior parte è import ma c’è anche un po’ di
export come per esempio le fragole).
«Da un paio di settimane non arrivano più le bottiglie di aranciata e
coca cola perché Hamas ha avviato una fabbrica dentro Gaza e privilegia
il mercato interno, per il resto siamo alla solita media di circa 400
carichi al giorno, business as usual» spiega agli ospiti dell’Europe
Israel Press Association il responsabile della struttura dove lavorano
120 impiegati di cui 53 palestinesi. Sembra impossibile che solo sette
mesi fa da queste parti infuriasse la battaglia, ma l’operazione “Pillar
of Defence” lanciata dal premier Netanyahu a ridosso delle elezioni
pare aver restituito la routine alla popolazione israeliana della zona.
Secondo il sindaco di Sderot David Buskilla «anche le persone che non
volevano il cessate il fuoco e che premevano perché l’esercito la
facesse finita una volta per tutte con il terrorismo si stanno rendendo
conto che questa operazione è stata forse ancora più efficace di quella
del 2009».
Eppure, al di là della barriera che separa Israele da Gaza, oltre
questi blocchi di cemento oltre i quali i tir passano sotto uno scanner
capace di controllorare 100 tonnellate di merci in 7 minuti, la
situazione non è esattamente normale e non solo per la vita misera degli
oltre un milione e mezzo di abitanti, la stragrande maggioranza dei
quali dipendenti al cento per cento dagli aiuti umanitari.
Hamas, al potere a Gaza dal 2007, è in difficoltà. I soldi dell’Iran
che finora hanno arricchito l’arsenale degli arcinemici di Israele
finiscono ormai solo nelle tasche della Jihad islamica, ancora più
radicale di Hamas, mentre altri gruppi estremisti salafiti vengono
finanziati dal Golfo. L’Egitto di Morsi, sulla carta alleato di Hamas in
virtù della comune appartenenza alla Fratellanza Musulmana, si sta
rivelando meno solidale di quanto ci si aspettasse anche perché
l’esercito egiziano che non ama Morsi lo mette continuamente in
difficoltà distruggendo i tunnel del contrabbando sotto Rafah, fonte di
grande guadagno per Hamas. I ragazzi di Gaza guardano con invidia i
fratelli ribelli in Egitto, Tunisia e Libia e l’antica amicizia tra
Hamas e Hezbollah (alleato dell’Iran) sta venendo meno per via della
questione siriana (Hamas sostiene i ribelli e Hezbollah sostiene Assad).
Hamas infine, potendo contare su meno donatori, tassa tutto quello che
può, le sigarette in arrivo dai tunnel (3 shekel a pacchetto) ma anche
il cibo che passa da Kerem Shalom, inimicandosi ancor più i consumatori.
L’unica chance per evitare la rabbia della popolazione è distrarla.
Cosi, rivela l’Idf, l’esercito israeliano, anche quest’anno Hamas (in
collaborazione con Jihad islamica e Comitati di resistenza popolare)
offre campi estivi ai bambini di Gaza. Solo che come attività sociali,
migliaia di piccoli palestinesi tra i 6 e i 15 anni non faranno
esclusivamente sport ma anche training militare, compreso
l’addestramento alle armi e la simulazione di rapimenti di soldati
israeliani. Il premier di Hamas Ismail Haniyeh conta di avere almeno 100
mila partecipanti ai campi estivi pensati per insegnare «i valori e la
forza morale insiti nello spirito del jihad». Per chi dissente dalla
retorica islamista restano i campi estivi dell’agenzia Onu per i
rifugiati UNHCR che dovrebbe ospitare 150 mila bambini.
Non è la prima volta che Hamas si dedica al “tempo libero” dei piu
piccoli. Lo scorso anno la France Press raccontò come tra le attività
estive venisse privilegiato l’uso dell’AK-47, la fuga attraverso i
cavalli di frisia, la dimestichezza con gli esplosivi.
«Hamas è sempre più impopolare a Gaza anche perché da mesi ha
iniziato a islamizzare pesantemente i costumi, l’ultimo episodio è stata
la legge che impone scuole separate tra maschi e femmine ai bambini
sopra i nove anni» aggiunge il tenente colonnello Oren Hoasz,
responsabile della base che coordina il valico di Erez. Che effetto
avranno da queste parti le elezioni iraniane, che secondo il quotidiano
Haaretz rinviano l’evventuale attacco israeliano al 2014? E la
situazione in Siria? L’evoluzione/involuzione della transizione
egiziana? Gaza è al centro del terremoto regionale ma sembra sempre più
isolata.
Da La Stampa
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17 maggio 2013
A Gaza spopola il pollo fritto americano
Ma... non era: "morte ad Israele e all'America"? O solo quando i due Paesi non fanno comodo?
Gli abitanti di Gaza possono ora ordinare il pollo fritto di Kentucky Fried Chicken (Kfc) grazie a un nuovo servizio di contrabbando via tunnel dall’Egitto.
Un fast-food che non è esattamente “fast” – necessita infatti 3-4
ore” – né economico dal momento che Yamama, l’azienda palestinese che si
occupa delle consegne, deve coprire i costi del carburante e del
trasporto.
Yamama, riporta l’agenzia di stampa palestinese Ma’an, consegna in
media trenta ordini a tratta, pasti che vengono acquistati dal punto Kfc
della città egiziana di el-Arish, distante da Gaza circa 40 chilometri.
Una volta nella Striscia, all’uscita dai tunnel, le consegne vengono
effettuate da corrieri in motocicletta.
I residenti di Gaza City
arrivano a pagare fino a 130 shekel (27 euro) per poter mangiare 20
pezzi di pollo fritto, il doppio di quanto costano a el-Arish.
Nella Striscia di Gaza non ci sono catene internazionali di fast-food
e Yamama, che si fa pubblicità via radio, sta facendo affari d’oro con
le consegne Kfc.
Da Atlas
Gaza I tunnel di contrabbando scavati sotto
la linea di demarcazione fra Gaza e il Sinai egiziano, che in passato
servivano per sostenere la lotta armata con un traffico di armi,
esplosivi e munizioni, vengono adesso utilizzati per introdurre a Gaza
uno dei simboli più noti del life style occidentale: cestini pieni di
«Kentucky Fried Chicken». L'idea geniale è venuta all'inizio del mese
ad una compagnia di Gaza specializzata nella consegna di pacchi a
domicilio, la al-Yamama. Cronometro alla mano, ha stabilito che il
trasporto dei preziosi cestini di pollo fritto dalle cucine del più
vicino «KFC» - quello di el-Arish, nel Sinai settentrionale - al centro
urbano di Gaza necessitava di circa quattro ore. Dopo di che è stata
affrontata la questione dei prezzi. Seduti a un tavolo del «KFC» di
el-Arish, per una porzione si paga l'equivalente di tre euro. Ma la
staffetta nelle piste del deserto, il passaggio nel tunnel (col dovuto
pedaggio) e infine la spedizione dentro Gaza moltiplicano per sei il
costo del pregiato fast-food. Alla al-Yamama si sono chiesti: «Ci sarà a
Gaza una domanda sufficiente?» Un po' il passaparola, un po' le
pubblicità televisive hanno avuto l'effetto vincente. Le prenotazioni si
sono presto accumulate. A Gaza si spiega che in città «c'è una vera
sete di normalità». Per ragioni di sicurezza, nessuna delle grandi reti
internazionali (come McDonald's o Pizza Hut) è presente nella Striscia.
Allora la possibilità di addentare il celebre KFC a Gaza «proprio come
all'estero» ha fatto presa su molte famiglie della Striscia, anche se
con lo stesso prezzo potrebbero concedersi un pranzo ben più ricco nei
migliori ristoranti della città. Con l'ingresso del pollo fritto
americano si apre dunque una piccola breccia nel severo stile di vita
imposto da Hamas a Gaza. Finora dai dirigenti politici locali non sono
giunti anatemi: qualcuno scommette che anche fra di loro possano esserci
appassionati del «KFC».
Da Il Giornale
E un'altra domanda: ma a Gaza non si moriva di fame? Non c'era l'emergenza umanitaria, per cui tutto il mondo è mobilitato, si raccolgono miliardi di Euro, si organizzano centinaia di manifestazioni di solidarietà all'anno, riunioni al Palazzo di vetro, ecc. ecc.?
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2 maggio 2013
I kalashnikov di Hamas nelle scuola dell'Unrwa
Nelle scuole di Gaza si insegna a sparare con il kalashnikov
„Il programma scolastico di Gaza
prevede l'addestramento militare degli studenti di età compresa tra i
15 e i 17 anni, con campi di formazione volontari tenuti durante le
vacanze.Secondo quanto riportato dal britannico Guardian,
ogni settimana gli studenti vengono addestrati all'uso dei Kalashnikov e
di altre armi, ma anche a prestare i primi soccorsi, a intervenire in
caso di incendio e a rispettare i valori di "disciplina e
responsabilità". Le lezioni scolastiche sono integrate da campi
volontari durante le vacanze, in cui i ragazzi imparano a usare armi ed
esplosivi. Stando a quanto riportato sul sito del
ministero dell'Istruzione di Gaza, il corso si avvale della consulenza
delle brigate Izz al-Din al-Qassam, braccio armato di Hamas. Sono circa
5.000 i ragazzi che hanno partecipato ai campi dall'avvio del programma,
nel settembre 2012. I corsi settimanali
riguardano complessivamente circa 37.000 studenti; i genitori hanno la
possibilità di non far partecipare i figli, ma è raro, sottolinea il
Guardian. Il ministero ha precisato che durante le lezioni non vengono
usate armi vere, ma il video ottenuto dal Guardian dimostra il
contrario. Da Today
Possibile che all'Onu non dicano niente? Perché i nostri soldi devono andare all'educazione di morte e distruzione? “
Potrebbe interessarti: http://www.today.it/rassegna/scuole-gaza-kalashnikov.html
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11 aprile 2012
AP e Hamas: divieti di critiche, rapimenti e condanne a morte
Il ministero dell’Interno della Striscia di Gaza ha reso nota l’avvenuta esecuzione, questa mattina di tre condanne a morte.
I nomi dei tre prigionieri non sono stati resi noti; si sa che due erano stati giudicati colpevoli di omicidio (uno dei due aveva sequestrato, seviziato e ucciso un ragazzo) e il terzo di “tradimento” in favore di Israele.
Il comunicato del ministero di Hamas dice che le esecuzioni sono state portate a termine “in accordo con la nostra religione e le leggi palestinesi, per tutelare i diritti dei cittadini e garantire la sicurezza della comunità”.
Diverso il parere dell’Autorità palestinese e delle organizzazioni per i diritti umani locali. Il ministro della Sanità Fathi Abu Moghli ha definito “disumane” le tre esecuzioni, aggiungendo che questi sviluppi possono pregiudicare gli sforzi per ottenere il riconoscimento come stato membro delle Nazioni Unite: “Stiamo cercando di mostrare al mondo che siamo uno stato moderno, umano, moderno e democratico”…
Da quando, nel 2007, Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza, i suoi tribunali hanno emesso 30 condanne a morte, almeno 11 delle quali eseguite.
Teoricamente, ogni condanna a morte emessa a Gaza dovrebbe essere ratificata dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, ma Hamas si guarda bene dal sottomettere le pratiche. Non solo per ragioni di divisione politica ma anche, probabilmente, perché Abbas non ne ha ratificata una dal 2005.
La Commissione palestinese per i diritti umani ha ribadito la sua contrarietà alla pena di morte, considerandola una evidente violazione del diritto alla vita.
Dal Corriere della Sera
Un esponente di Hamas e' tornato oggi ad auspicare il rapimento di soldati israeliani - dopo quello di Ghilad Shalit, sfociato nei mesi scorsi in uno scambio con 1.027 detenuti palestinesi - incoraggiando tutte le fazioni a coordinarsi per pianificare nuove ''operazioni''. Occorre cercare di catturare altri militari israeliani per ottenere ''la liberazione dei prigionieri palestinesi'' in carcere nello Stato ebraico, ha tuonato da Gaza Ahmed Bahari, gia' speaker di Hamas nel parlamento.
Da L'Unità
Succede nei "territori occupati" (evidentemente da Hamas e Fatah)
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17 gennaio 2012
Libano, paradiso per i mercanti d'armi
Una tragedia per chi ci lascia la pelle. Un affare per chi vende armi o combatte al soldo del regime. Sono i due volti della guerra civile siriana, i due filoni su cui s'intrecciano gli affari dei trafficanti d'armi libanesi e quelli delle Shabiha, le gang assoldata dal regime per intimidire ed uccidere gli oppositori. La piazza più sicura e più redditizia per questi affari maledetti è il Libano. Lì dal 1975 in poi si sono consumate un'interminabile guerra civile e lo scontro tra Hezbollah e Israele. Lì proliferano i trafficanti d'armi. Lì enormi depositi d'armi attendono il miglior offerente. Il Libano, la città sunnita di Tripoli e ampi settori della frontiera settentrionale con la Siria sono anche la grande retrovia della rivolta contro il regime di Assad. Da lì partono le rotte clandestine che garantiscono i rifornimenti ai militanti asserragliati nel cuore di Homs, città simbolo della rivolta contro Bashar Assad. Là opera quella borsa clandestina della guerra che registra un inarrestabile boom nelle vendite di pistole, kalashnikov, mitragliatrici e lanciagranate anticarro. I listini di questi traffici sono un indicatore delle tendenze del conflitto. E non inducono certo all'ottimismo. Le pistole Glock - richiestissime per l'ingombro limitato, la precisione e i caricatori capaci di contenere fino a più di 30 colpi - registrano rincari del 30 per cento passando dai 1500 agli oltre 2000 euro. Bazzecole rispetto al kalashnikov, l'arma individuale di cui nessuno può fare a meno. In poco più di sette mesi il prezzo di un Ak 47 in buone condizioni è passato da 850 euro ad oltre 1500 euro. Ma chi vuole sfoggiare la versione a canna corta, tanto amata da Bin Laden, deve rassegnarsi a sborsarne almeno 4500 contro i poco più 2000 di qualche mese fa. Anche la vecchia dashaka, la ponderosa mitragliatrice DShK calibro 12,7 dell'era sovietica famosa per incepparsi una volta sì e una no continua ad esser assai richiesta. Per caricarsi sulla schiena quei 34 chili di ferraglia non bastano meno di 4000 mila euro contro i 2500 dello scorso marzo. L'arma in testa ai grandi rialzi di guerra è l'Rpg B7, il lanciarazzi anticarro che i sovietici copiarono dal Panzerfaust della Wehrmacht tedesca. Un anno fa quel tubone di ferro e il suo primitivo sistema di puntamento non valeva più di 700 euro. Oggi per portarselo a casa ce ne vogliono 1500. I suoi razzi a carica cava capaci di sventrare un blindato o un carrarmato di vecchia concezione sono merce ancor più prelibata. Le loro quotazioni sono quintuplicate passando dai 400 agli oltre 2000 euro per colpo. La grande richiesta di quest'arma fa capire come i ribelli stiano ormai affrontando in campo aperto i blindati usati per sedare le proteste nelle città. «Quei prezzi sono pazzeschi, ma è tutta roba che va in Siria… lì Rpg, kalashnikov e dashaka sono la mercanzia più richiesta», conferma Abu Rida, un mercante d'armi libanese intervistato dal Times. Quei traffici d'armi e i bilanci di un conflitto già costato quattromila vite fanno anche la fortuna dei fedelissimi del regime. Preoccupato dalla scarsa fedeltà di un esercito formato in maggioranza da sunniti Assad ricorre sempre più a milizie «mercenarie». Le più temute sono le Shabiha. Il loro nome significa «come fantasmi» e molti degli avanzi di galera che le compongono vengono reclutati tra la minoranza alawita a cui appartiene la famiglia Assad. Ma anche il costo delle Shabiha è in continuo aumento. Fino a qualche mese per mandarli a uccidere e morire bastavano 30 euro al giorno. Oggi ce ne vogliono molti di più. È il business della guerra. E chi non paga muore.
Da Il Giornale
(Mentre a Gaza si è verificato il solito incidente sul lavoro)
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